Dati Tecnici – Per i più pignoli
LocalitàBiacesa di Ledro – Falesia Regina del Lago
EsposizioneS
PeriodoInvernale – Mezze stagioni
Sviluppo6L – 200m
DifficoltàV/V+ – 1 passo VI-
ChiodaturaChiodi e cordini nei punti più difficili
PartecipantiManu quello Scarso e Luca Fortissimo
Introduzione – Incredibilmente una scelta “calcolata”

Avevo già adocchiato da un po’ di tempo questa via vista la zona bella e la lunghezza accettabile. Guardando sulle relazioni  in rete però viene spiegato soltanto il suo percorso. Non viene detto nulla sul numero di chiodi presenti nella via se non: “si consiglia di integrare le protezioni della via con nut e friends” che di per sé non vuol dire niente.

Fortunatamente uno schizzo del percorso trovato per caso su internet riportava anche questa informazione. Era in tedesco e non si capiva bene ma comunque sembrava esserci qualcosa. A questo punto era fatta, riesco a convincere Luca e ci organizziamo per la partenza.

Avvicinamento – Il settore perduto

La via è alla fine di un settore di una falesia quindi non avremo problemi a trovarla

Io la mattina dell’uscita

Poveri illusi. 

Sempre io finchè sto scrivendo questa relazione

Partiamo dall’auto che abbiamo parcheggiato poco prima di Biacesa, pedinando un gruppo di persone con imbraghi e corde (sembravano anziani e soprattutto più SAGGI di noi), li seguiamo per la statale e poi per la vecchia strada del ponale ma la nostra gioventù ci porta alla prima grotta a guardare le rocce (che poi che ci siamo fermati a fare? C’era buio ed eravamo senza torce, non si vedeva praticamente nulla) cosicché abbiamo perso il gruppo davanti a noi. Grandioso! Uscito dalla grotta tiro fuori il cellulare e guardo la relazione per l’avvicinamento.

Prendiamo il sentiero che parte sulla sinistra subito dopo la grotta, al primo bivio a giriamo a destra a sentimento, poi saliamo per la strada evitando un paio di false tracce che inizialmente procede dritta e poi vira verso destra / ovest, a un certo punto il sentiero smette di salire, ci sono varie tracce che partono a sinistra che noi non caghiamo  e ci troviamo in falesia.

Mi immolo io per la cordata e chiedo informazioni a un ragazzo che sta arrampicando. <<Siamo nel settore A ragazzi?>> <<No, siete andati troppo avanti, dovete trovare un sentiero che sale per il pendio più indietro>> <<Ah effettivamente ne avevamo visto uno che saliva vicino segnato da un ometto ma pensavamo non portasse da nessuna parte>> <<Avete pensato male!>>. Se prima di arrivare alla via non facciamo una passeggiata per la zona non siamo contenti! Perciò torniamo indietro per tutta la traversata ma quando il sentiero comincia a scendere un po’ troppo ci fermiamo. <<Eh però non voglio risalire DI NUOVO, non è che abbiamo saltato ancora il sentiero>> <<Uhmm.. Meglio che torniamo a controllare>>. Questa volta abbiamo visto l’ometto. Buono speriamo sia quello giusto, saliamo ed arriviamo ad un’altra parete. <<Siamo nel settore A, Giusto??>><<Si>>. Fiuhh! Per fortuna! Non sarei riuscito a sostenere un altro no come risposta.

Arriviamo alla fine della falesia e troviamo due cordate prese a provare friend nella parete. Ci guardano, capiscono che vogliamo fare la loro via e in velocità chiudono baracca e burattini e si spostano all’inizio della via aprendo le corde ed imbragandosi. Questa si che è l’arroganza dei veri pro! Sento “l’accento” altoatesino e conforto Luca <<Mmh… Lasciamoli pure andare avanti, sembravano forti, mettiamoci da una parte ad aspettare il nostro turno>>.

1°/2° tiro – Doppio Sorpasso

Ammesso di avere interpretato bene la simbologia teutonica sulla via ci dovrebbe essere già il necessario per la sopravvivenza, quindi Luca parte prendendi  rinvii e un paio di cordini. Sopra di lui ci sono i secondi delle due cordate altoatesine che procedono paralleli sulla stessa via. Ma alla prima placchetta si bloccano, che poi, in realtà un po’ tutto il tiro è placcoso, ma in quel punto c’è un pelo di placca in più giusto per dare fastidio. Direi che si passa da un IV- a un IV+. Considerando che questo è il tiro più semplice non è buono.

Luca mentre alle prese con il IV+

Fortunatamente i nostri predecessori capiscono che siamo più veloci e fanno passare avanti Luca che accetta la proposta senza fare complimenti, non si ferma in sosta e procede per il secondo tiro. Stiamo cominciando a sembrare quasi degli alpinisti seri, sono senza parole.

3° tiro – I consigli, quelli giusti

Dopo avere fatto due passi e montato sopra ad un paio di macigni parto per il mio primo tiro con placca di V e strapiombo di IV. Un battesimo del fuoco praticamente. Il giusto per farsi male. Sopra di me una ragazza sta salendo. Io potrei aspettare che finisca di salire per cominciare ma il tempo stringe e solitamente sono lentissimo quindi me ne frego e comincio a salire pure io.

Ovviamente la ragazza si blocca sullo strapiombo, giusto poco prima del chiodo in modo tale che non lo posso utilizzare per assicurarmi. Ottimo. Non sono neanche 5 minuti che ho cominciato e sono già in crisi mistica. Senza pensare all’ultimo chiodo che ho trovato cerco di posizionare un micro-nut dentro una fessurina e una volta “psicologicamente sicuro” ho cominciato a dare consigli completamente privi di senso alla ragazza, sperando che trovasse l’ispirazione per proseguire e lasciarmi rinviare.

<<Uhmm, ma guarda che se alzi il piede nel prossimo buco un pelo più in alto riesci ad arrivare a qualcosa per la mano >> <<Ma sei sicuro che ci arrivo??>>  <<Siiiih, ti ho visto che sei forte! Poi vai cattiva sul rinvio e azzeri>>. Fortunatamente riesce nell’impresa e parte in volata per la restante parte del tiro. Meno male che si è ripresa! Non sarei resistito un minuto di più a fianco al mio nut che si staccava solo guardandolo.

Supero lo strapiombo senza troppi problemi ma mi blocco alla placchetta. Non c’era nulla, solo un muro liscio, un paio di buchi ed un albero ancora troppo distante per essere d’aiuto. Senza guardare giù procedo a salire per il primo “semplice ”passo sui buchi e dovrei chiudere il movimento con una specie di dulferata su una lama per poi spallarla lanciarmi sull’albero della salvezza.

Dopo una mezz’oretta di riflessione esistenziale mi decido a procedere e stirandomi un tricipite riesco ad arrivare all’albero. Comincio a capire di avere fatto il passo più lungo della gamba ma ormai è troppo tardi per ritirarsi e procedo a salire fortunatamente su una paretina un po’ più semplice.

4° tiro – I consigli, quelli giusti – parte 2

Ancora prima della rinviata della salvezza si riparte subito con uno strapiombo. Così. Senza neanche presentarsi prima. Riprendo ad arrampicare io che cerco di superare questo scoglio con un paio di movimenti in laterale ma fallisco miseramente. Al che il buon Luca mi dice <<Ma prova a salire dritto a cazzo duro, tanto le mani sono buone>><<Si ma il mio problema è che non trovo i piedi>> <<Non servono a un cazzo i piedi, tira cattivo e basta>>. Ed incredibilmente sono passato. Maledetti pro, Dicono di usare i piedi ma poi si appendono sempre per le mani. È tutto un complotto.

Da lì in poi la salita si fa più tranquilla. C’è un passaggino un po gnè su una radice che non si capisce se sia effettivamente attaccata a qualcosa oppure se non sia ancora caduta per miracolo, ma una volta confermata la sua tenuta e dopo una paio di crisi esistenziali (ma non terrà mai, ma sicuro scivolo, ecco che “muoro” ancora prima dei 30 anni) riesco a ripartire e a finire la salita.

5° tiro – Lo strapiombo SENZA chiodo 

Salendo sento un rumore di fogliame che si muove ma non ci do troppo peso, arrivo in sosta e trovo le persone che avevamo davanti prima. Come da consuetudine le saluto. Loro mi rispondono: <<Ragazzi sono caduto sul tiro e si è staccato un chiodo, vi troverete un chiodo in meno>>. <<COME SI E’ STACCATO UN CHIODO??>> . Fortunatamente il ragazzo era già alto e non si è fatto male, però non se l’è più sentita di continuare ed è sceso assieme alla sua cordata. Arriva luca in sosta, gli spiego la situazione e si offre di fare il tiro per primo. E come un buon climber scarso sa, una corda dall’alto non si rifiuta mai. Luca parte carichissimo e attacca con cattiveria ed arroganza lo strapiombo di VI-, salendo perde un paio di volte i piedi ma non se ne cura e procede come se nulla fosse. <<Tanto le mani sono buone, i piedi non servono c.v.d.>>. Arriva ad un diedrino/rampetta e si ferma. <<Eh però un chiodino qui in zona farebbe anche comodo>>. Ma poco dopo infila un cordino dentro una specie di fessura/puntone, si riposa qualche minuto e riparte come nuovo. Ha un altro momento di incertezza sulla placca seguente ma puntando un cespuglio di rami secchi  riesce a superare anche questo ostacolo.

Luca mentre cerca di mettere il cordino nello spuntone

Il tiro è come ce lo si aspetta, strapiombo onestissimo e placca ancora di più, era talmente liscia e lucida che sembrava fosse passata la signora Erminia. Dovete sapere che la signora Erminia veniva a pulire i pavimenti a casa mia quando ero piccolo, di roccia non penso ne sapesse molto, però come sapeva far brillare le piastrelle lei! Ti ci potevi specchiare!  Ancora non ho idea di come Luca sia riuscito a superarla con tanta nonchalance. 

6° tiro – A spasso per la parete

Dobbiamo riprendere a salire ma subito notiamo un particolare piccolo ma sostanziale: non abbiamo la più pallida idea di dove andare. Infatti non si vedevano chiodi o cordini, solo arbusti selvaggi e roccia poco solida. Non ci saremo mica persi!! Non volendo aspettare di più, che non ci venga la voglia di scendere, parto per la paretina appoggiata sopra la sosta e incredibilmente trovo un chiodo nascosto. Meno male. Seguo la cengia sulla destra e trovo una serie di chiodi che obliquando verso sinistra mi portano alla sosta.

La discesa – Mica può essere finita qui 

Arrivati festeggiamo con un lauto pranzo di barrette e frutta secca. Ringrazio Luca per aver pensato all’approvvigionamento del cibo della cordata. Aveva persino pensato alla alla razione di Laura che non è voluta venire con noi. 

Ma non poteva finire così, non potevamo scendere subito. Cosa avremmo raccontato? Siamo arrivati.. in un posto che non so.. Abbiamo visto… Altre cose che non sappiamo… Quindi con corda e rinvii in spalle ci siamo messi in marcia sulla ferrata Susatti per andare a conquistare la cima che vuoi per l’accesso molto facile, vuoi per la bella zona è ultra frequentata. Forse anche troppo. Delle persone che abbiamo incontrato mentre stavamo salendo che hanno perso ore in coda su questa ferrata. D’estate poi, con 40 gradi all’ombra. Mamma mia, non ci voglio pensare.

Quindi arrivati pranziamo ancora, ce la raccontiamo con altra gente che ha pensato di scalare questa cima alle 3 di pomeriggio e infine scendiamo per il caratteristico sentiero di discesa arrivando alla macchina all’imbrunire, con il lupetto che ci guardava e attendeva il momento giusto per attaccare e saziarsi con la la nostra carne. Noi non lo vedevamo ma sapevamo che c’era! 

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