Dati tecnici – Poi non dite che me li sono dimenticati
LocalitàPian delle Fugazze, Pasubio, Prealpi venete
Esposizone S
PeriodoEstate – Mezze stagioni
Sviluppo5L – 120mt
ParcheggioPoggio della Croce 945 mt
DifficoltàIII-IV un passo di IV+
ChiodaturaPer essere degli anni 20 buona, comodi frends e nut
PartecipantiManu quello Scarso e Alessia
Introduzione – Una scelta azzardata

Era da un po’ che non andavo in montagna e la mia idea era di fare una via comoda e ben chiodata per non forzare troppo la mano. La compagna di cordata designata, in maniera del tutto innocente, ha quindi suggerito :<< Ma no andiamo a fare il campanile di val fontana d’oro che ha solo un passaggio di IV+>>, <<Sicura?? Guarda che i tiri che non riesco a fare poi toccano a te, ammesso che riesca a tornare>> <<Va tranquillo che ce la facciamo, tanto siamo forti>>. 

Beata l’incoscienza della gioventù. Ma del resto come potevo rifiutare? Era da troppo che non facevo questo tipo di gite!

Avvicinamento – Ragazzi se tira

I nostri amici ben più allenati e che avevano già affrontato la via ci avevano avvertiti dicendo: <<attenti che ci abbiamo messo un’ora ad arrivare all’attacco, al passo che ha Marchetto quando ha voglia di arrampicare>>. Per chi avesse dubbi, non è quello del nonno in gita ad Assisi. 

E noi che avevamo pensato ad un avvicinamento soft.

Dopo una salita nel bosco che ci ha fatto perdere 2 litri di sudore arriviamo ad un ambiente più roccioso e dolomitico, i pini se ne sono andati lasciando spazio a mughi ed arbusti. Vediamo alla nostra sinistra il campanile con il caratteristico canale che sale all’attacco della via sulla sua destra formando una specie di bivio con il nostro sentiero. Ovviamente abbiamo pisciato il canale e siamo proseguiti per il sentiero, ma dopo mezzoretta di salita ci siamo accorti che il campanile si allontanava sempre di più.
Nel frattempo, mentre stavamo riposando fingendo di discutere sul percorso, arrivano i due tipici alpinisti in età mooolto avanzata:
<<Sa fasìo de belo ragassi?>>
<<Vorremmo andare a scalare il campanile, ma pensiamo di essere fuori strada>>
<<Alora avì sbajà, gavì da ciapar el vajo più in baso>>.
A questo punt, capito di avere fatto la cazzata, per non sfigurare abbiamo usato la scusa di dover trovare una postazione migliore per le foto. Chiaramente non se la sono bevuta. Era quasi meglio rispondere che ce l’eravamo fatta sotto e avevamo deciso di girarla in camminata, sarebbe stato più credibile.

La foto del campanile fatta col “sudore”.

Quindi scendiamo percorrendo DI NUOVO il sentiero ed arriviamo al canale che cominciamo a risalire, giriamo attorno al campanile e risaliamo un colatoio di sassi con i tipici  salti rocciosi. Ah se sarà bello disarrampicarli in discesa. Rimpiango sempre di più il trekking con i vecchi. Arriviamo alla forcella superando l’ultimo salto roccioso e ci prepariamo per la salita.

1° tiro – ll diedro non poi così solido

Alessia mi manda in castigo dentro al primo canalone che poi spostandosi sulla destra diventa un diedro e fortunatamente mentre mi fa sicura vede i chiodi cosicché riesco a salire a “colpo sicuro”.

Dopo una piccola crisi d’identità nel momento clou del diedro reagisco e riesco a posizionare il frend giallo nella spaccatura centrale e a riprendere la salita. La roccia era così precaria che si sfaldava solo a guardarla. Ma del resto siam mica venuti qui a divertirci! Direi un IV grado onesto, ringrazio il signor Padovan per avere messo i chiodini, sono serviti tutti!

 2° tiro – ll camino buio

Arrivo in sosta su una cengia molto larga, alla mia dx c’è un camino abbastanza largo dove però non si vedono chiodi. Ah se si godrà la Ale!

La lascio partire facendo lo gnorry confidando che una volta nelle peste riesca ad uscirne ma dopo pochi metri comincia già ad avere dubbi su dove andare.

Mannaggia, è arrivato il “Relazione time”! Fortunatamente eravamo su una specie di sentiero quindi ci avviciniamo, estraiamo fogli e cellulari e cominciamo a leggere le relazioni scaricate per capire da che parte andare. Tutti i resoconti che abbiamo dicono di precorrere il camino e salire su un sasso incastrato, III grado continuo. Effettivamente si vede un sasso incastrato sopra al camino ma non ci sono chiodi per arrivarci e non mi pare ci sia niente di III, perciò la Ale opta per salire sulla destra del canale ed entrare successivamente nel camino quando comincia ad essere più stretto. Una volta entrata abbiamo un altro momento briefing:<<Manu si vede in fondo un masso incastrato che faccio vado a quello?>> <<E’ più facile Arrivarci rispetto all’altro?>>
<<Si>>
<<Allora vai tranqui>>
Quindi procede orizzontalmente sul fondo verso il masso. Ad un certo punto sento un urlo di gioia <<Wow ho trovato un chiodo!>> <<Ottimo allora è fatta!>>. Il III grado è concentrato in 2.5 metri di camino strapiombante che pesta più di un ultras col cagotto, umido, buio e la poca luce che entra abbaglia, sono contento di non essere salito per primo.

Il camino preso dalla prima sosta, in alto si vede il falso sasso incastrato. Quello vero è nascosto in fondo al camino.
 3° tiro – ll ragnetto 

Si riparte con il passo chiave della via di IV+, un paio di metri con uno strapiombino e un chiodo ovviamente troppo alto per essere rinviato dalla sosta. Ma fortunatamente studiando il passaggio si riesce a rinviare e ad azzerare. Il tiro è abbastanza carino su un muretto di IV con tanti chiodi. Durante la salita mi accorgo di avere messo senza accorgermene la mano  vicino ad un ragno enorme, che ha deciso di posizionarsi proprio sulla porzione di roccia che mi serve per procedere. A quel punto rifletto sulla situazione: meglio aggirare il passaggio o sfidare la bestia? Effettivamente non era poi così grosso quindi non senza lanciare qualche imprecazione di terrore ci passo vicino senza dargli troppo fastidio e arrivo in sosta. 

L’attacco di IV+. La foto fa sembrare il pezzo un po’ più lungo di quello che effettivamente è.
 4° tiro – l ragnetti – Il plurale non è casuale

Tocca ripartire alla Ale su una placca infestata di ragni. Tra cui uno propio sulla presa che serve per proseguire. A differenza di prima preferiamo evitare l’incontro con il voracissimo guardiano della placca a 8 zampe e cerchiamo di aggirare il passaggio verso destra. Con un po’ di fiducia ed un nut incastrato in una fessurina riesce a superare il passaggio di IV e tornare in via che obliqua a sinistra e sale in un diedro più tranquillo di III.

5°tiro –  Un giro per le frasche

L’ultimo tiro sale in obliquo prima a destra poi a sinistra per rampe e cenge erbose fino ad arrivare all’ultima sosta. Tranquillo e comodo.

La cima con la campanella.
La discesa – Parte I° – Fa che la corda scenda…

Saliti in cima, fatto il selfie e suonato la campana. Fatte queste cose in questo preciso ordine ci siamo preparati a scendere. La discesa consiste in 3 doppie lungo la via che per degli alpinisti normali sarebbero una passeggiata, ma visto che noi non lo siamo eravamo sicuri che la corda sarebbe rimasta impigliata da qualche parte. Fortunatamente ci stavamo sbagliando e siamo arrivati alla base della via senza troppi problemi.

La discesa – Parte II° – L’umidità

Sistemato corde e imbraghi l’unica cosa che restava da fare era scendere per il percorso di salita. Effettivamente era come ce lo aspettavamo, ma più bagnato. Sembrava fosse passata mia nonna a lavare tutto, non c’era un centimetro di roccia che non fosse inzuppato, ma niente che non si possa risolvere con un paio di scivolate. Una volta fuori dal colatoio siamo tornati senza troppi problemi al parcheggio.

Conclusione

Incredibilmente tutto ok, bella via, più semplice e con più chiodi di quello che ci aspettavamo (non dover piangere in parete per non avere idea di dove andare è sempre una bella cosa). Ringraziamo Marchetto e Nicola per averci prestato qualche foto fatta durante la loro ricognizione, l’agitazione ha limitato putroppo i nostri momenti social. La morale è: “qualche volta le cose possono andare anche bene” ma da dire molto sottovoce. Mi raccomando.

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