Dati tecnici – Diamo almeno una parvenza di serietà
LocalitàAuronzo di cadore(BL) – Dolomiti Bellunesi – Tre Cime di Lavaredo
Esposizione S-O
PeriodoEstiva
Sviluppo14L – Partenza 2320mt – 300mt di via
DifficoltàIV- | Un passaggio di IV
ChiodaturaChiodi nei punti più difficili, da integrare
PartecipantiManu quello Scarso – Alessia -Tonno – Matteo cugino tonno

Introduzione – Ovvero il capitolo più importante

Squilla il cellulare, wow un messaggio dal Tonno chissà che vorrà.

<<Hey Manu, ho un’ideona>>

<<Hai capito come smettere di essere sempre più scarsi??>>

<<Questo fine settimana andiamo in Val Masino?>>

–ecco lo sapevo io che c’era qualcosa che non poteva andare–

<<Sul granito?>>

<<Si>>

<<Guarda che è da 2 anni che neanche lo vediamo>>

<<Infatti>>

<<A 3000 metri?>>

<<Esatto>>

<<Sulle vie senza chiodi?>>

<<…>>

<<Che vuol dire …?>>

<<No ma sono facili è IV e basta.>>

<<Ma bastano una decina di metri di III per spaccarsi>>

<<Ora sento anche mio cugino Matteo che in falesia spacca i culi>>

<<Va che così non risolvi il problema, serve carne da macello che sia disposta a morire al posto nostro>>

<<Mi propone lo spigolo dibona sulla grande di lavaredo>>

<<L’ultima volta(vedi qui se non sai di cosa sto parlando) ci abbiamo messo 8 ore per fare una via di 5 tiri, come facciamo a farne una di 13 e poi ad improvvisare la discesa per una normale?>>

<<Allora facciamo la normale alla piccola che sono 10 tiri con un passo di IV.>>

<<E poi bivacchiamo sulla cima?>>

<<No tranqui, si scende comodi con una serie di doppie una sopra all’altra.>>

<<Mi sembra troppo facile, strano che non ci sia una fregatura.>>

<<Andata! Prenoto l’albergo>>

Mannaggia a me che mi lascio coinvolgere e non imparo ad ascoltare le mie perplessità

Preparazione – Per una grande salita ci vuole un capitolo a parte

Era sera e la giornata appena passata non era stata delle più semplici. Dopo un viaggio lunghissimo, una vietta alle 5 torri per riprendere la mano e una cena in rifugio arriviamo in hotel desiderosi di riposare per la spedizione del giorno dopo. Ma sappiamo tutti che un vero alpinista non dorme mai! Quindi ci mettiamo subito al lavoro decidendo le cordate e preparando il materiale. Optiamo per delle formazioni con statistiche bilanciate: 

Cordata “contatto Manu-Ale“
ProContro
ManuQuelloScarso Buon grado in falesia ammesso di scomodare un improbabile artificiale.  Lentezza nel salire paragonabile ad un bradipo stanco e capacità di orientarsi di un criceto ubriaco.
AlessiaLaSaggia Ottima capacità di posizionare le protezioni e grande sicurezza durante l’arrampicata. Ovviamente non ce ne sono.
Cordata double-TOnno
ProContro
TonnoTonnoSuperbe capacità nella costruzione di soste improvvisate e di orientamento su terreni complessi.  Una lussatura per spalla e la passione per i nevai lo hanno portato ad avere un grado talmente misero da riuscire appena a salire le scale di casa.
TonnoCuginoPro Ottima capacità di posizionare le protezioni e grande sicurezza durante l’arrampicata. 2. E’ il numero di vie che ha fatto in montagna. Di cui una il giorno prima.

Io e Ale optiamo per una preparazione blanda, lei studia il percorso mentre io preparo lo zaino con tutti i ferri del mestiere.

La cordata double-tonno invece sfoggia tutta la sua capacità di pianificazione: come per le più impegnative spedizioni sistema sul pavimento della camera tutto il materiale catalogato per tipo marca e lunghezza, discutendo su cosa portare via.

<<Quanti rinvii porto? 13?>>

<<Ma a che servono? tanto non ci saranno chiodi>>

<<Allora facciamo 8 rinvii e 8 friend?>>

<<Tanto non li so mettere>>

<<Li porto io che non si sa mai>>

Nel frattempo interviene Alessia:

<<Ragazzi a che ora mettiamo la sveglia?>>

<<Alle 7.00 tanto siamo vicini>>

<<No ci metteremo 12 ore se va bene, alle 5 può bastare>>

<<Noo troppo presto>>

<<Va bene, 5.15.>>

Mannaggia a te, alla tua saggezza e alla tua severità.

Avvicinamento – All’ultimo sangue

Alle 6.30 arriviamo al parcheggio già colazionati, con gli zaini pronti e soprattutto con in vista la nostra cima. Praticamente dietro l’angolo.

SeSe credeghe! Ci impiegheremo un’ora solo per arrivare all’attacco!

Ale che non perde occasione per infrangere i nostri sogni.

A mano a mano che ci avviciniamo alla parete sbucano sempre più cordate. Ragazzi, le cose non si mettono bene! C’è troppa gente, sicuramente non riusciremo a salire tutti. E non sarebbe la prima volta che ci tocca girarla in friends-trekking. Per chi non lo sapesse questo sport è molto in voga nella banda e consiste in una normale camminata con tutto l’occorrente per una scalata in montagna. Inutile precisare, SENZA scalata. E dato che siamo poveri abbiamo si il materiale più economico ma anche quello più pesante!

Ma guarda che non serve tutta quella roba per salire qui.

Persona normale mentre vede un membro della banda che ha cambiato i piani della giornata

Sigh, lo so!

Le poche parole, ma dure, del membro della banda messo all’evidenza dei fatti.

Un tipico pro climber ci lancia uno sguardo di sfida che in sinergia con la salita che non ne vuole sapere di mollare confonde Alessia e fa vacillare Tonno. Matteo però reagisce: prende in mano la situazione e con sbeffeggio parte in fuga verso l’attacco della via, supera le altre cordate, arriva all’imbocco del canalone e si ferma. A uno sputo dall’attacco. 

<<Tonno sai perché tuo cugino si è fermato??>>

<<Che domande! Mica gli abbiamo detto qual’ è l’attacco della via, lui stava facendo una normale passeggiata!>>

Bam. La verità ci piomba addosso e ci lascia sconvolti come quando scoprimmo che Alex Puccio è sposata. E quella è stata una batosta da cui ci dobbiamo ancora riprendere! Arriviamo anche noi e vediamo tutte le cordate in fila sulle vie della cima grande. Neanche una sulla piccola. Wow! Dai che siamo ancora in gara!

I membri della spedizione in un selfie all’attacco della via quando ancora non sanno cosa gli aspetta.
Ma si vede che sono già provati.
1° tiro – Una conserva incerta

Alessia mi lascia l’onore di cominciare pur sapendo che nei primi tiri do il peggio di me, persino la più semplice delle pareti potrebbe diventare un ostacolo invalicabile.(Date un occhio qui se non sapete a cosa mi riferisco)

Grazie al cielo l’inizio non presenta particolari difficoltà: si procede infatti verso destra su un sistema di cenge, interrotte talvolta dalla scalata di qualche masso, talvolta dall’apparizione di qualche cordino o chiodo. Che sorpresa! In dolomiti non è affatto scontato! Avrei immaginato di trovare giusto giusto le soste attrezzate con dello spago!   

Ma l’imprevisto è dietro l’angolo, senza neanche salutare la cengia sparisce e mi si para davanti un canale marcio umido e buio, di quelli in cui la sera si fanno incontri poco raccomandabili. Ragiono sul da farsi: la giornata è appena iniziata e avrà in serbo per noi un’infinità di emozioni, perciò preferisco evitare questa, torno indietro e fuggo su un muretto alto qualche metro, sempre rotto ma almeno al sole. 

Arrivato alla fine cosciente di essermi perso decido di far finta di niente ed improvvisare una sosta in modo da lasciare i problemi, le emozioni e l’eventuale sconfitta alla mia compagna di cordata. Ma sorpresone… Mi giro e trovo una sosta! Di quelle belle, con pure l’anello!

2° tiro – Imbarazzo

Ora che ho portato a termine il mio compito mi spiaggio e lascio Alessia a cimentarsi con l’orientamento tra le rocce. Lei non se lo lascia dire due volte e come un cavaliere senza macchia e senza paura attacca il facile sperone che con arrampicata semplice la conduce ad un ghiaione. Per sicurezza decide di sostare in modo da decidere assieme come procedere. E poi c’era una così vasta scelta di sassi che quasi dispiaceva non approfittarne!

Nel frattempo Tonno visto il bel panorama e la cengia comoda decide che è il posto giusto per fare qualcosa di importante: ovvero portare a termine il compito che aveva lasciato a metà in albergo, quello che solitamente si fa la mattina in bagno. Il momento era chiaramente quello sbagliato, suo cugino ha cercato di farlo ragionare, ma a lui non importava. Riconoscendo la delicatezza della situazione decido di lasciare la cordata DoubeTonno alla sua intimità.

Raggiungo Alessia e dopo un breve breefing ci accorgiamo che la sosta vera è una clessidra gigante poco più avanti, di quelle che si possono abbacciare! Senza nulla volere al sasso (che a volere essere onesti non è che fosse poi così stabile) prendiamo corde e zaini e ci trasferiamo.

3° tiro – La psicologia dei nuts

Seguendo la relazione dobbiamo proseguire per il diedro sopra la sosta, più agglomerato di sfasciume che diedro a mio parere, ma ce lo faremo bastare. E del resto che si può fare, il tiro è dispari, tocca a me, non ci si scappa. Al massimo si può far finta di cominciare a salire e poi tornare indietro ma almeno ad un chiodo bisogna arrivare! Con rammarico sto per partire, però Alessia mi ferma:

<<Beh, ma quasi quasi salirei io… Il tiro di prima era abbastanza corto…>>

Io accetto senza fare complimenti, del resto chi sono io per bloccare la performance alpinistica?

La partenza leggerente spanciante non è delle migliori, ma piazzando un nut psicologico Ale riesce a trovare la fiducia per superare questo ostacolo e ad arrivare nel diedro vero e proprio. Infatti il nut psicologico è molto importante: io so che si staccherà come lo sanno anche i miei compagni di cordata, persino il nut stesso lo sa, ma in fondo tutti abbiamo la speranza che un giorno uno funzioni e tenga!

Ma non è questo il giorno, infatti dopo un metro scarso che è stato superato si è staccato. Però la botta iniziale è stata superata ed è stato possibile procedere con la salita piazzando un frend nel diedro e uno spuntone poco più in alto. Sosta su chiodo con anello per chiudere in bellezza!

4° tiro – Libertà, Responsabilità e Divinità

Dopo due tiri di riposo mi viene nuovamente appioppato il comando della spedizione. E questa volta non c’è scusa che tenga!  Il tiro comincia con uno speroncino abbastanza corto che finisce in mezzo ad una cengia gigante.

Oh finalmente un posto grande e comodo! Ora si può andare dove si vuole! Quindi voi direte<<A posto! I problemi sono finiti!>>.

Magari! Perché se solitamente il problema è capire come effettuare il “passaggio” in questo caso tutto si basa nel trovare dove diavolo è il “passaggio”. Quindi disorientato da tutta questa libertà affronto la questione camminando avanti e indietro sperando di avere un’apparizione che mi indichi la strada. Inutile dire che non è successo nulla di tutto ciò!

Hai voluto fare la preziosa tenendoti i tuoi segreti e non dicendomi nulla? Allora io vado sempre avanti e vediamo chi cede prima.

Io mentre faccio vedere alla cima piccola chi comanda

Riesco a salire, non senza difficoltà, per un canalino obliquo ed arrivo ad un’altra cengia. Ovviamente la situazione non è migliorata, di dove sia la via ne so quanto prima e la parete gialla davanti a me non prevede nulla di buono.

Ok, va bene, hai vinto te! Sinistra sia!

La cima piccola che mi rimette subito in riga obbligandomi ad una decisione

Seguendo la cengia arrivo ad una nicchia e mi ricordo che nella relazione si diceva che da lì cominciava un traverso che avrebbe portato alla linea delle calate. Dai che magari non mi sono perso!

Dalla sosta mi avvisano con un urlo che mancano 20 metri di corda. Ottimo! Abbastanza per arrivare alla sosta dopo il traverso, perciò proseguo seguendo una fessura obliqua segnata da una serie di chiodi, saluto Matteo che è partito anche lui e mi sta seguendo.

<<Hey ma vai ancora avanti?>>

<<Si, con 20 metri arrivo in sosta e ne avanzo>>

<< No, hai capito male, te ne mancheranno una decina scarsa!>>.

Ah, se è un mondo difficile… Ma per fortuna sono davanti ad un chiodo cementato! Quindi senza perdere altro tempo attrezzo un’ennesima sosta di fortuna e recupero il resto della cordata.

La sosta di fortuna arrangiata dalla cordata double-tonno poco dopo la nostra.
5° tiro – Verso la salvezza con fede

È il momento della verità, se tutto è andato per il verso giusto, il che non è scontato, siamo a un traverso dalla linea delle calate, poi succeda quel che succeda si può scappare. Basta solo procedere per una quarantina di metri scarsi. Serve qualcuno che si prenda questa responsabilità! Scegliamo Alessia senza indugi, infatti nei suoi pro casca giusto giusto l’orientamento! Il tempo speso a studiare la formazione delle cordate si è già ripagato!

Quindi si prosegue sempre per la cengia che prima sale obliquamente e poi proprio in traverso, in questo tratto ci sono davvero tanti chiodi quindi non ci si può sbagliare. Finita si arriva ad una sosta che però non caghiamo manco di striscio e proseguiamo verso l’ignoto. A questo le troppe responsabilità ci fanno sbagliare strada e senza neanche accorgecene ci troviamo fuori via.

Che fare ora? Ringrazio per la domanda ma dopo due tiri che giro a caso sono contento di dire che non è più un mio problema! Ma so che ci tenete a sapere come la questione è stata risolta ed è presto detto: salendo per un muretto di fiducia poco dopo la sosta. Fiducia perché dopo che l’ultima protezione sparisce dietro il ciglio della montagna e sai che la prossima sarà la sosta è solamente quella che permette di procedere. E di fiducia ce n’era ma l’attrito causato dalla combo traverso+parete verticale ha avuto la meglio e ha costretto la capocordata a sostare su un chiodo trovato per caso ed un microfriend oppurnamente piazzato.

Una volta riuniti facciamo un altro tiro di raccordo di 5 metri in traverso seguendo i chiodi riapparsi poco dopo lo spuntone per arrivare alla prima sosta di calata.

6 tiro – L’evidenza di un diedro

Riuniti tutti e 4 in sosta festeggiamo la fine della prima parte della via. Adesso nel caso le cose si mettano male ci si può ritirare! Le gioie però finiscono in fretta, infatti siamo appena a metà, dobbiamo affrontare la parte più complessa della via, abbiamo ancora una valanga di occasioni per farci male e, per ultimo ma non meno importante, l’intestino del tonno lo ha costretto ad un’altra “pausa cose importanti” e sembra non volerne sapere di smettere, ma finché disponiamo di fazzoletti la situazione è sotto controllo.

Parto e non posso fare a meno di osservare che sopra di me ci sono ben DUE diedri, uno più brutto dell’altro. Ma niente paura, un’occhiata alla relazione e tutto sarà risolto. “Proseguire con arrampicata facile per L’EVIDENTE diedro sopra la sosta”

Evidente è un elefante.

io mentre spiego al relatore la differenza tra ciò che è notabile e ciò che non lo è

Ormai in balia degli eventi scelgo il meno peggio, mettendo già in conto di scappare fuori appena possibile. Comincio a salire e trovo un frend incastrato che segna chiaramene il percorso da seguire. Ma a me i diedri fanno cagare e questi 2 metri sono stati sufficienti per esaurire la mia capacità di sopportazione.

Esco quindi verso sinistra e procedo con la salita, comoda su gradini di II. Tutto stava andando per il meglio se non fosse che non ho allungato abbastanza i rinvii e dopo 10 metri di salita la corda non ne voleva più sapere di seguirmi nella mia avventura. Perciò costretto da forza maggiore improvviso una sosta su un masso gigante e termino il tiro.

7 tiro – Inaspettata serietà

Di cose su di me se ne possono dire parecchie ma non voglio che mi si accusi di lasciare i tiri a metà. Quindi riparto da dove ero rimasto e proseguo attaccando un altro diedro, meno esposto e più facile del precedente. Non sembrano esserci chiodi, ma basta armarsi di friends e qualcosa si riesce ad arrangiare.

Sembra incredibile ma in questo caso non è successo nulla di anomalo, mi hanno solo fatto notare una volta in sosta che in realtà i chiodi c’erano ma sono cose che capitano! Però non disperate! Già dal prossimo capitolo la relazione torna seria.

8 tiro – Ritrovamenti durante l’attesa

Riprende a salire Ale con arroganza e cattiveria mangiandosi l’ultima parte del diedro, scavalca l’angolo e si ferma. E resta ferma. E ancora ferma…

<<Come mai è ferma? Che ha trovato?>>

<<Semai vorrai dire cosa NON ha trovato>>

E così al volo mi vengono in mente almeno una decina di cose che potrebbero non esserci. Non ci sarebbe bisogno di elencarle ma perché risparmiarvi da queste informazioni inutili? Quindi eccovele: Delle roccette di II comode da salire, dei chiodi, Una clessidra, posto per mettere nut o friends, una sosta, un bivacco, un rifugio, un albergo, un aereo e potrei andare avanti per ore!

Ma una volta saliti il mistero è svelato: la via sale per un pinnacolo vicino alla parete e una volta salitici sopra si torna alla parete vera e propria e alla sosta con un passo un po’ gnè. Per chi non lo sapesse il passo “gnè” è quel passaggio che alla domanda “allora com’era?” il climber non trova parole per rispondere e quindi si limita ad un incomprensibile ma efficace “ehhheieieiehh”.

9° tiro – Una lama da evitare

Salgo il diedro sopra la sosta che termina su una grande cengia. A questo punto la relazione consiglia di seguire una lama che porta alla prossima sosta. Ed effettivamente la lama c’è ed è ben visibile sotto il famoso camino dell’ultimo tiro. La relazione, però, non dice che è dannatamente esposta. E a me l’esposizione non piace. Quindi la sdegno e mi tuffo in un canalino marcissimo, che con passi leggeri (fossero stati pesanti sarebbe crollata la montagna) arrivo in sosta.

Una mia calata, sulla sinistra il canalino friabile.
10 tiro – La pulizia prima di tutto

Avvicinandomi al camino finale vedo che la roccia ha un luccichio strano, come fosse bagnata. Ci sono 30 gradi all’ombra, come diavolo fa ad essere bagnata! Aguzzando la vista però mi accorgo che l’acqua non ha nessun ruolo in tutto ciò. Infatti un secolo abbondante di ripetizioni ha dato alla roccia il grip di una saponetta Sole Marsiglia granbucato. Che per il lavaggio delle lenzuola ci sta anche, ma sulla roccia da quell’allegria di cui avresti fatto volentieri a meno.

Nel frattempo che mi raccapezzo se il cotone possa essere lavato assieme ai sintetici arriva anche Alessia in sosta.

<<Ma secondo te, per il lavaggio a secco…>>

<<Nono, il camino lo fai tu>>.

Poche parole ma dure. Sufficienti però per cessare la mia trance da uomo di casa.

Il camino ben lavato, in alto il cordone della salvezza.

Accetto il mio destino e parto all’attacco del camino. All’inizio cerco di piazzare qualche protezione ma non riuscendo a trovare nulla decido di puntare direttamente alla salvezza: un cordone marcio penzolante che non gli avresti dato neanche mezza giornata di resistenza. Ma quello la piccola ci aveva dato e quello ci saremo fatti bastare.

Una volta arrivato al cordone lo rinforzo con un altro cordino sapendo già che il prossimo chiodo sarebbe stata la croce della cima. Con un movimento un po’ incerto riesco a superare lo strapiombo alla fine del camino, ma dopo la questione si fa più tranquilla, ci sono pure i chiodi. Dopo il passo duro quando non servono ma meglio che niente. Arriviamo in sosta e andiamo a visitare la cima.

Discesa – 1° Parte – La strategia sicura  

Finito di banchettare con i panini rubati all’hotel e di fare foto cominciamo a pensare al nostro futuro immediato, infatti sono già le 14.30 e abbiamo davanti a noi non voglio sapere quante doppie. Senza contare il canalino innevato successivo. Ma a quello penseremo dopo.

Conoscendo la mia agilità nell’allestire e smontare le doppie optiamo per il metodo più sicuro ma più lungo: usare una corda sola e così diminuire la probabilità che si incastri durante la rimozione. A questo punto voi direte: <<”Più lungo” non c’è neanche bisogno di spiegarlo! Chiaramente se la corda è più corta si devono fare più calate e chiaramente ci si mette di più>>. Vero. Ma se oltre a questo vi si aggiunge la pigrizia di non volere segnare la metà e AD OGNI calata bisogna trovarla contando le bracciate il tutto diventa ancora più lento. Ma vi assicuro che far uscire la corda dal marchard durante la calata perché manca giusto mezzo metro da terra è una sensazione tutta da provare! Ma dopo un paio di doppie incerte prendiamo la mano e procediamo senza difficoltà.

Discesa – 2° Parte – Un giudice imparziale

A mano a mano che scendevo lo vedevo avvicinarsi. Finché è arrivato!!!

Più pendente dello scivolo del garage abusivo del nonno ma senza vecchiotti che ti vogliono tirare le guance, il fondo dispone di una lastra di neve perenne che permette con solamente un passo di arrivare in fondo ed infine, per non farsi mancare nulla, con un salto tutto da scoprire!

Inutile dire che siamo arrivati al canale innevato! Io nel panico totale propongo una doppia sobria ma Matteo e Ale vendendo due pro che disarrampicano il salto più agilmente di come noi scendiamo le scale di casa rifiutano categoricamente. Tonno però non si fa prendere dall’euforia, sa che una doppia è l’unica nostra salvezza, quindi comincia a cercare chiodi dove improvvisare una sosta. L’unica cosa che riesce a trovare è un sasso che chiamarlo instabile sarebbe fagli un complimento. Lui però non si fa intimorire e allestisce la doppia. Comincia a calarsi ma noto che il sasso si muove preoccupatamene!

<<Tonno non dare peso al sasso>>

<<No ma vai tranquillo non si stacca>>

<<Guarda che se parte fai un effetto booling che a confronto le stragi sugli 8000 sono delle barzellette!>>

<<Vabbè allora cerca di tenerlo fermo>>

Eseguo immediatamente gli ordini, e in un attimo, senza dare troppo peso alla corda, riesce a calarsi per il salto. E uno torna a casa!

Il canalino panico-innevato. non si vede ma circa a metà c’è il salto.

Nel frattempo Alessia e Matteo sono in palla, bloccati in mezzo al salto. Qualsiasi manovra sembra inutile, la discesa richiede un passo complicato in cui bisogna comprimersi molto e la risalita ormai non sembra più una buona opzione. Matteo in questo momento ha un lampo di genio:”Ma io sono un pro, che sto a fare qui??” e in scioltezza scende dal salto e con sbeffeggio cammina giù per il canale innevato, capendo che ormai per i propri compagni non c’è più niente da fare, sarà la montagna che deciderà chi potrà tornare.

Vedendo cotanta maestria Alessia reagisce: piazza un frend e con l’ottimo appiglio appena creato esegue il passaggio. E una volta a terra riesce pure a recuperare il materiale.

Infine io conoscendo la mia incapacità di scendere sulla neve ghiacciata e sui salti rocciosi scendo tutto il canale a 4 zampe impegnandoci un’ora ma arrivando intero. Il peggio è passato, scendiamo per il ghiaione e percorriamo la mulattiera che ci porta alla macchina alle 20.30. Giusto per ora di cena! 

Conclusione

Fine settimana bellissimo. La sfida più grande è stata tenere gli occhi aperti in ufficio il lunedì mattina! Però aspettiamo interpidi di poter scalare anche le altre due.

Appendice – Via delle guide alla torre grande delle 5 torri – Credevate l’aveste scampata

Questa via è stata abbastanza corta, non c’è molto da dire ma vediamo comunque i momenti più salienti:

1°tiro

<<Ecco sono finiti i chiodi – Metto un paio di friends e poi vedo di salire>>.

Uno sconosciuto da sotto: <<Ma se vai un po’ più a destra i chiodi continuano>>

<<Grazie…>>. E del resto, chi sono io per ignorarlo?

2°tiro

Tutto tranquillo, nulla da riportare.

3° tiro

<<Ma ascolta… sono davanti a un camino con la roccia così marcia che la puoi grattare via con le unghie, la relazione parlava di camini marci?>>

<<Non mi pare, vuoi scendere?>>

<<Nono, ormai non c’è più nulla da fare. Metto due frends psicologici in 30 centimentri e ce lo facciamo andare bene>>

Così abbiamo aperto una nuova variante della via. L’abbiamo chiamata DoubleTonno in onore della cordata dei cugini Tonno. Grado direi IV-, ma onesto!

4°tiro

<<Ma hai visto che brutto il diedro finale? come hai fatto a passarlo?>>

<<Basta stare fuori dal diedro a destra, sarà un terzo scarso.>>

<<Ma così rubi!>>

<<Per l’alpinismo questo ed altro>>

Discesa
Il mio dono di annodare la corda già durante il lancio

Un’immagine vale più di mille parole.

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